Le Contraddizioni del Sionismo: Un Progetto Politico Costruito sulla Dissonanza Cognitiva
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Le Contraddizioni del Sionismo: Un Progetto Politico Costruito sulla Dissonanza Cognitiva

Lo stato moderno di Israele, come incarnazione politica del Sionismo, è costruito su una serie di contraddizioni così evidenti da richiedere non solo contorsioni ideologiche, ma la sospensione della logica legale, morale e storica. Lungi dall’essere il rifugio democratico che proclama di essere, Israele ha istituzionalizzato la supremazia etnonazionale, imposto l’occupazione militare e praticato una sistematica inganno, affidandosi a un’architettura propagandistica che crolla sotto il peso delle sue stesse incoerenze.

Parlare con verità di Israele non significa attaccare l’identità ebraica. Al contrario: alcuni degli oppositori più vocali e principiati del Sionismo sono stati intellettuali, scienziati, rabbini e sopravvissuti al fascismo ebraici, tra cui Albert Einstein, che in una lettera del 1948 al The New York Times definì il leader sionista Menachem Begin un fascista. Criticare Israele non è antisemitismo; è resistere al degrado morale e politico che il Sionismo ha causato alla tradizione ebraica di giustizia e al popolo palestinese che paga quotidianamente il prezzo delle sue contraddizioni.

Uno Stato “Ebraico e Democratico”: Un Ossimoro nella Pratica

Israele sostiene di essere sia uno stato ebraico sia una democrazia per tutti i suoi cittadini. Questa affermazione è più di una contraddizione; è una falsità accuratamente orchestrata. La Legge sullo Stato-Nazione del 2018 afferma esplicitamente che “il diritto all’autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele è esclusivo del popolo ebraico”. L’arabo, un tempo lingua ufficiale, è stato declassato. Nel frattempo, il 20% della popolazione di Israele, cittadini palestinesi, è legalmente di seconda classe, con accesso negato a parità di diritti in materia di alloggi, istruzione e influenza politica.

Come può uno stato fondato sull’esclusività etnica definirsi democratico? Non può. Nessuna democrazia degna di questo nome consacra una gerarchia razziale o religiosa nella sua legge fondamentale. La democrazia di Israele funziona per gli ebrei, e solo per gli ebrei.

Critica come Antisemitismo: Uno Scudo contro la Responsabilità

L’equiparazione della critica a Israele con l’antisemitismo non è solo illogica, è intellettualmente disonesta. Adottando definizioni come quella operativa dell’IHRA, Israele arma la sofferenza ebraica per silenziare l’opposizione. Mette sullo stesso piano chi si oppone all’apartheid, all’occupazione e alla pulizia etnica con gli antisemiti, ignorando i numerosi ebrei—religiosi e laici—che condannano il Sionismo come un tradimento dell’etica ebraica.

Einstein, Hannah Arendt e Martin Buber avvertirono tutti che uno stato ebraico costruito su nazionalismo e violenza sarebbe finito in tirannia. Gruppi contemporanei come Jewish Voice for Peace, IfNotNow e ebrei ortodossi anti-sionisti come Neturei Karta continuano questa tradizione. Ma nel quadro ideologico di Israele, questi ebrei vengono diffamati come “ebrei che si odiano”, un’ironia grottesca per uno stato che pretende di rappresentare tutti gli ebrei.

Questa semplificazione dell’identità ebraica in una narrativa sionista monolitica è un attacco alla pluralità ebraica e un profondo tradimento della storia ebraica.

Guerra Legale Selettiva: Il Diritto Internazionale come Teatro Politico

Quando gli ospedali di Gaza vengono bombardati da jet israeliani, la risposta è il silenzio o l’offuscamento: “Hamas li usava come base”. Quando un missile iraniano causa danni vicino a un ospedale israeliano, viene immediatamente definito un crimine di guerra. Questo non è ragionamento legale, è pubbliche relazioni mascherate da giustizia.

Israele seleziona il diritto internazionale a suo piacimento. Invoca il diritto all’autodifesa ai sensi dell’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, ma rifiuta le risoluzioni vincolanti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia. Opera al di sopra della legge perché il suo principale alleato, gli Stati Uniti, garantisce l’impunità ai più alti livelli.

Questo non è il comportamento di una democrazia governata da norme, è il comportamento di un attore canaglia protetto dal potere.

Menachem Begin: Da Terrorista a Primo Ministro

Forse la contraddizione più lampante nella narrativa di Israele di “lotta al terrorismo” risiede nella vita di Menachem Begin, fondatore del partito di destra Likud e sesto Primo Ministro di Israele. Prima della sua ascesa politica, Begin era il comandante dell’Irgun, un gruppo paramilitare sionista responsabile di una serie di indiscutibili attacchi terroristici:

Eppure, Begin entrò successivamente nel Knesset israeliano, fondò il partito Likud e divenne Primo Ministro. Oggi, il suo nome adorna autostrade e istituzioni accademiche in Israele.

Confronta questo con il trattamento riservato ai palestinesi. Qualsiasi resistenza armata all’occupazione militare, anche se diretta contro soldati o coloni illegali, viene immediatamente etichettata come terrorismo. Gli stessi atti che hanno contribuito a fondare Israele sono celebrati; atti simili da parte degli oppressi sono demonizzati.

Questa ipocrisia non è accidentale, è fondamentale.

La “Guerra” che non è Tale

Israele presenta le sue campagne a Gaza come atti di guerra. Tuttavia, rifiuta di riconoscere la Palestina come stato e Hamas come forza combattente legittima. Questa ambiguità deliberata consente a Israele di sfuggire agli obblighi legali in entrambe le direzioni: invoca le leggi di guerra per giustificare i bombardamenti, ma rifiuta lo status di prigioniero di guerra (POW) per i combattenti catturati. I prigionieri israeliani sono chiamati “ostaggi” indipendentemente dal loro status militare, mentre ai palestinesi vengono negati sia i diritti legali che la dignità umana.

Questa non è solo una contraddizione, è un sistema di guerra asimmetrica legittimata attraverso la manipolazione legale.

L’Arma dell’Indigeneità

L’ideologia sionista rivendica una connessione di 3.000 anni con la terra di Israele, spesso confondendo eredità spirituale con sovranità politica. Tuttavia, la maggior parte degli ebrei israeliani oggi sono discendenti di immigrati europei, molti dei quali arrivati nel XX secolo. Nel frattempo, i palestinesi—musulmani, cristiani ed ebrei—avevano vissuto continuamente sulla terra per generazioni prima della Nakba del 1948.

Nel 1917, oltre il 95% della popolazione della Palestina parlava arabo. L’ebraico era una lingua liturgica, non parlata. La pretesa di indigenità sionista spesso non serve a condividere la terra, ma a cancellare completamente la presenza palestinese.

La vera indigenità non è uno strumento per lo sfollamento, è una chiamata alla coesistenza. Il Sionismo, tuttavia, ha usato il linguaggio del ritorno per giustificare un’espansione coloniale continua.

Conclusione: Un Progetto Costruito sull’Inversione

Il Sionismo, come praticato dallo stato di Israele, inverte ogni norma etica e legale che sostiene di rispettare. Richiede un mondo in cui:

Accettare queste inversioni significa accettare una realtà in cui la verità è ciò che il potere dice che sia. Ma milioni di persone—palestinesi, ebrei anti-sionisti e alleati di principio—rifiutano di partecipare a questa farsa. Esigono che la legge sia applicata equamente. Che la democrazia significhi uguaglianza. Che la storia sia onorata, non sfruttata.

Opporsi al Sionismo non significa opporsi agli ebrei. È stare con gli ebrei come Einstein, che vedeva nella sua violenza un futuro di guerre senza fine. È esigere un mondo in cui la giustizia non venga sospesa per nessuno stato, non importa quanto sacro dichiari di essere.

Il Sionismo ha richiesto la sospensione della ragione. È giunto il momento di porre fine a questa finzione.

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